IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 788 del 2008, proposto da (omissis):
Comune di Alife, rappresentato e difeso da (omissis)
per l'annullamento previa sospensione dell'efficacia,
- Visto il ricorso con i relativi allegati;
- Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Alife;
- Visto l'atto di costituzione in giudizio di Autorita' per la Vigilanza dei Lavori Pubblici;
- Viste le memorie difensive;
- Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11/05/2009 il dott. (XXXXX) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1. Con ricorso notificato il 23 gennaio 2008 e depositato il 6 febbraio 2008, (XXXXX), titolare dell’omonima ditta individuale, impugnava, chiedendone l’annullamento, previa sospensione, i seguenti atti: a) determinazione del responsabile dell’area A.T.A. del Comune di Alife n. 102 bis del 20 novembre 2007 (prot. n. 15395), con cui era stato disposto l’annullamento d’ufficio degli atti della gara, aggiudicata in suo favore, concernente il progetto di sistemazione e completamento di via Eole; b) nota dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, prot. n. 56204/07/ISP – GE 588/07, del 15 ottobre 2007; c) tutti gli atti ad essi preordinati, connessi, collegati e conseguenti, tra cui, segnatamente, la nota dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, prot. n. 28789/07/ISP – GE 588/07, del 18 maggio 2007, nonché la nota del Comune di Alife, prot. n. 15451 del 22 novembre 2007. Richiedeva, altresì, la condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento del danno patrimoniale cagionatogli dalla condotta asseritamente illegittima di quest’ultima.
2. Alla luce delle allegazioni e delle produzioni documentali delle parti, la vicenda cui si riferisce l’esperito gravame è la seguente.
2.1. Con bando pubblicato il 6 febbraio 2007 il Comune di Alife aveva indetto una procedura aperta avente per oggetto “POR Campania 2000-2006 – Mis. 4.20 – 1° bimestre 2003 Progetto di sistemazione e completamento di via Eole”, per un importo totale di € 225.097,60 IVA esclusa. La categoria prevalente delle opere previste in appalto era stata individuata come OG3 (“strade, autostrade, ponti, viadotti, ferrovie, linee tranviarie, metropolitane, funicolari, e piste aeroportuali, e relative opere complementari”), classifica I. Tra i requisiti partecipativi richiesti dall’art. 10 del bando figurava, oltre all’attestazione di qualificazione SOA nella predetta categoria e classifica, il possesso dell’abilitazione all'installazione, alla trasformazione, all'ampliamento e alla manutenzione degli impianti previsti dall’art. 1, comma 1, lett. a, b, c, d, e, f, g, della l. 5 marzo 1990, n. 46 (impianti di produzione, di trasporto, di distribuzione e di utilizzazione dell'energia elettrica all'interno degli edifici a partire dal punto di consegna dell'energia fornita dall'ente distributore; impianti radiotelevisivi ed elettronici in genere, antenne e impianti di protezione da scariche atmosferiche; impianti di riscaldamento e di climatizzazione azionati da fluido liquido, aeriforme, gassoso e di qualsiasi natura o specie; impianti idrosanitari, nonché di trasporto, di trattamento, di uso, di accumulo e di consumo di acqua all'interno degli edifici a partire dal punto di consegna dell'acqua fornita dall'ente distributore; impianti per il trasporto e l'utilizzazione di gas allo stato liquido o aeriforme all'interno degli edifici a partire dal punto di consegna del combustibile gassoso fornito dall'ente distributore; impianti di sollevamento di persone o di cose per mezzo di ascensori, di montacarichi, di scale mobili e simili; impianti di protezione antincendio).
2.2. In esito alle operazioni di gara espletate dalla commissione all’uopo preposta, risultava provvisoriamente aggiudicataria la concorrente impresa individuale (XXXXX) (cfr. verbale di gara dell’8 marzo 2007, prot. n. 3463). L’aggiudicazione provvisoria in favore della menzionata impresa veniva, quindi, approvata con determinazione del responsabile dell’area A.T.A. del Comune di Alife n. 31 del 9 marzo 2007 (prot. n. 3588), unitamente agli atti posti in essere dalla commissione di gara nelle sedute del 5 e 7 marzo 2007. Frattanto, già con nota dell’8 marzo 2007, il tecnico incaricato dall’amministrazione della direzione dei lavori aveva anticipato alla ditta (XXXXX) l’esigenza di “procedere con urgenza alla consegna dei lavori, stante la tempistica ridotta prevista dall’ente finanziatore”. Così, contestualmente alla disposta approvazione dell’aggiudicazione provvisoria (9 marzo 2007), il direttore dei lavori, in forza di autorizzazione del responsabile del procedimento, dava corso alla consegna in via d’urgenza dei lavori ai sensi dell’art. 129 del d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554 (cfr. processo verbale di consegna del 9 marzo 2007).
2.3. Successivamente, il S.I.A.L.P. (Sindacato Imprese Appaltatrici Lavori Pubblici), con nota presentata il 17 aprile 2007 (prot. n. 22323/ISP), sollecitava l’intervento dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici in relazione alla contestata prassi, invalsa presso il Comune di Alife, consistente nel richiedere, in svariati bandi, l’abilitazione ex art. 2 della l. n. 46/1990 anche per l’affidamento di lavori non necessitanti del possesso di un simile requisito idoneativo. L’interpellata Autorità invitava, quindi, l’ente locale ad illustrare le ragioni di tale prassi, nonché il contenuto e la natura delle opere poste in gara con i controversi bandi (nota del 18 maggio 2007, prot. n. 28789/07/ISP – GE 588/07). Quanto alle ragioni della imposizione del requisito dell’abilitazione ex art. 2 della l. n. 46/1990, esse venivano ricondotte dal Comune di Alife alla circostanza che i concessionari delle reti di distribuzione (di energia elettrica, gas, ecc.) subordinerebbero la presa in carico degli impianti e gli allacciamenti delle utenze al rilascio della certificazione di esecuzione degli impianti medesimi in conformità alle prescrizioni della l. n. 46/1990 (nota del 15 giugno 2007, prot. n. 7860). Quanto, poi, ai contenuti e alla natura delle opere de quibus, l’Autorità, alla luce dei riscontri documentali acquisiti, acclarava trattarsi: - della realizzazione del “progetto di sistemazione e completamento di via Eole”, consistente essenzialmente in scavi, lavori stradali e di completamento; - della “realizzazione della rete idrica e relativa sistemazione stradale in via Marmaruolo Sud – sistemazione stradale in via Marmaruolo Nord”, consistenti in scavi, ripristini stradali, lavori di completamento e forniture; - dei “lavori di adeguamento igienico funzionale degli uffici scolastici in frazione Totari e San Michele”, consistenti essenzialmente in lavori edili e interventi elettrici di normale amministrazione. In considerazione di tali elementi, reputava ingiustificato “l’inserimento nei bandi della richiesta di idoneità secondo la l. n. 46/1990, risultando sufficiente per la partecipazione alla gara il possesso della categoria SOA” e invocava, a sostegno, la propria determinazione del 13 dicembre 2000, n. 56 e la propria deliberazione del 15 ottobre 2003, n. 269. Richiamava, pertanto, l’amministrazione comunale, affinché si attenesse a siffatte indicazioni in sede di predisposizione dei bandi e adottasse “le necessarie regolarizzazioni e conseguenti attività in autotutela”. Il Comune di Alife, con l’impugnata determinazione del responsabile dell’area A.T.A. n. 102 bis del 20 novembre 2007 (prot. n. 15395) riteneva di dover recepire le direttive impartitegli dall’Autorità, annullando d’ufficio, ai sensi dell’art. 1, comma 136, della l. 31 dicembre 2004, n. 311, le determinazioni dello stesso responsabile dell’area A.T.A. n. 10 del 2 febbraio 2007, di indizione della gara, e n. 31 del 9 marzo 2007, di approvazione dell’aggiudicazione provvisoria e del relativo verbale dell’8 marzo 2007, prot. n. 3463, nonché disponendo l’indizione, con successivo atto, di una nuova procedura aperta di affidamento avente il medesimo oggetto di quella annullata.
3. A sostegno del proprio gravame, il ricorrente deduceva le seguenti censure.
1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8 e 10 della l. 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento. Difetto di presupposti, di istruttoria e di motivazione in relazione agli artt. 3 e 4 della l. n. 241/1990.
2. Violazione dell’art. 1, comma 136, della l. n. 311/2004 e dei principi generali in tema di annullamento degli atti amministrativi. Eccesso di potere per difetto dei presupposti. Carente e/o insufficiente motivazione. Difetto di istruttoria. Perplessità. Violazione del principio del legittimo affidamento. Violazione dei canoni di correttezza e buona fede.
3. Violazione dell’art. 97 Cost. Violazione del principio della tutela dell’affidamento. Difetto di interesse pubblico all’emanazione dell’atto.
4. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990. Eccesso di potere per motivazione incongrua e/o insufficiente. Violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa. Contraddittorietà tra atti della stessa amministrazione.
4. Costituitesi sia l’amministrazione comunale sia l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, eccepivano entrambe l’inammissibilità, nonché – nel sostenere la legittimità del proprio operato – l’infondatezza dell’impugnazione proposta ex adverso, di cui chiedevano, quindi, il rigetto.
5. Alla camera di consiglio del 18 febbraio 2008, l’istanza cautelare proposta dal (XXXXX) veniva respinta con ordinanza n. 627/08, in virtù della seguente motivazione: “con la nota dell’Autorità per la vigilanza, sulla base della quale è stato emesso il provvedimento impugnato, risulta segnalata una prescrizione (impropriamente inserita nel bando) che limitando fortemente la partecipazione alla gara ne ha gravemente compromesso la legittimità con notevole pregiudizio per l’interesse pubblico”. Successivamente, con ordinanza n. 3328/2008, l’appello proposto dal ricorrente avverso la citata ordinanza veniva accolto dalla Sezione Quinta del Consiglio di Stato al fine di rimettere il giudizio del Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell’art. 23 bis della l. 6 dicembre 1971, n. 1034.
6. Alla luce delle allegazioni delle parti, i lavori da affidarsi mediante la gara annullata in via di autotutela dal Comune resistente sarebbero stati eseguiti, in tutto o in parte, nelle more del presente giudizio, da impresa diversa dalla (XXXXX).
7. All’udienza pubblica dell’11 maggio 2009, la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. In rito, occorre preliminarmente vagliare l’eccezione di inammissibilità formulata dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici sull’assunto della natura non provvedimentale degli atti dalla stessa adottati (tra cui, in particolare, la propria nota del 15 ottobre 2007, prot. n. 56204/07/ISP – GE 588/07), nonché della loro insussistente lesività e, quindi, della carenza di interesse ad impugnarli.
L’eccezione è fondata.
In questo senso, giova rimarcare che, con la citata nota, l’Autorità si è, in sostanza, limitata: - a rilevare l’ingiustificata imposizione del requisito dell’abilitazione ex art. 2 della l. n. 46/1990, invocando, sul punto, la propria determinazione del 13 dicembre 2000, n. 56 e la propria deliberazione del 15 ottobre 2003, n. 269; - a raccomandare all’amministrazione comunale la rimozione di una simile clausola dai futuri bandi; - a sollecitare la stessa all’adozione delle “necessarie regolarizzazioni e conseguenti attività in autotutela”. E cioè, da un lato, ha invitato l’ente locale ad abbandonare la prassi censurata, in quanto restrittiva della concorrenza, e, d’altro lato, ha solo genericamente prospettato l’opportunità di iniziative in via di autotutela, rimesse alla valutazione discrezionale della stazione appaltante. Trattasi, all’evidenza, di mere indicazioni di segno ‘propulsivo’, impartite nell’esercizio delle funzioni di vigilanza ex art. 6, comma 7, lett. a e c, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, in virtù delle quali l’Autorità è chiamata a controllare l’osservanza della disciplina legislativa e regolamentare vigente (verificando, anche con indagini campionarie, la regolarità delle procedure di affidamento) e il rispetto del canone di economicità di esecuzione dei contratti pubblici. Strumentale all’esercizio delle predette funzioni è la possibilità di: - richiedere alle stazioni appaltanti documenti, informazioni e chiarimenti relativamente ai lavori, servizi e forniture pubblici, in corso o da iniziare, al conferimento di incarichi di progettazione, agli affidamenti; - disporre ispezioni, anche su richiesta motivata di chiunque ne abbia interesse; - disporre perizie e analisi economiche e statistiche nonché la consultazione di esperti in ordine a qualsiasi elemento rilevante ai fini dell'istruttoria; - avvalersi del Corpo della Guardia di Finanza, che esegue le verifiche e gli accertamenti richiesti agendo con i poteri di indagine ad esso attribuiti ai fini degli accertamenti relativi all'imposta sul valore aggiunto e alle imposte sui redditi (cfr. art. 6, comma 9, del d.lgs. n. 163/2006). Ora, dalla compiuta disamina delle funzioni di vigilanza e dei connessi strumenti di esercizio attribuiti all’Autorità non emergono poteri repressivi (ad es., di annullamento d’ufficio o di impugnazione giurisdizionale degli atti ritenuti illegittimi) né sanzionatori (ad es., di adozione di misure pecuniarie o interdittive). Cosicché, laddove – come, appunto, nella specie – l’Autorità ravvisi, d’ufficio o su impulso di parte, nell’ambito di una procedura di aggiudicazione, profili di illegittimità, non può che segnalare l’illegittimità, dapprima, alla stessa stazione appaltante, con atto non vincolante e, tutt’al più, diretto a stimolare l’esercizio dell’autotutela e, successivamente, agli organi deputati al controllo dell’ente aggiudicatore. In altri termini, non emerge che l’Autorità sia dotata di poteri di supremazia gerarchica nei confronti delle amministrazioni aggiudicatrici, statali o locali, così da ipotizzarsi un potere di annullamento per vizi di legittimità dei provvedimenti da queste adottati in tema di affidamento di contratti pubblici. A conforto di tale assunto, è indicativa la disposizione contenuta nell’art. 6, comma 13, del d.lgs. n. 163/2006, in base alla quale, ove, a seguito dell’esperimento dei poteri ispettivi o di verifica, l’Autorità accerti l'esistenza di irregolarità, essa è tenuta a trasmettere gli atti e i propri rilievi agli organi di controllo, nonché agli organi giurisdizionali competenti, se le irregolarità hanno rilevanza penale, ed ai soggetti interessati e alla procura generale della Corte dei conti, se dalla esecuzione dei contratti pubblici derivi pregiudizio per il pubblico erario. Coerentemente con la stessa ricostruzione dogmatica della categoria di vigilanza (che implica un rapporto organizzatorio diverso e più tenue del rapporto gerarchico e che deve essere intesa come potere strumentale al corretto esercizio della funzione in quella determinata materia stabilita dalla legge e non è caratterizzata dal controllo su di un’attività amministrativa già svolta, ponendosi piuttosto come indirizzo all’attività da svolgersi), l’Autorità ha, dunque, il compito di assicurare il corretto esercizio della funzione pubblica in materia di contratti pubblici, e non già quello, più specifico, di verificare che l’attività posta in essere dalle stazioni appaltanti sia coerente e rispettosa della disciplina positiva stabilita dal legislatore (Cons. Stato, sez. IV, 12 settembre 2006, n. 5317): essa è, cioè, titolare di funzioni irriducibili a quelle di amministrazione attiva e di controllo, con la conseguenza che i suoi atti di vigilanza sono privi del valore di manifestazione della volontà, che è proprio degli atti aventi natura provvedimentale (TAR Liguria, Genova, sez. II, 2 maggio 2002, n. 502). In tale prospettiva, non può riconnettersi natura provvedimentale a quello che, nella specie, è venuto a sostanziarsi in un mero atto ‘propulsivo’ infraprocedimentale, con cui l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici si è limitata a rappresentare all’amministrazione comunale, investita di poteri decisori, il proprio avviso negativo sull’imposizione del requisito partecipativo di cui all’art. 2 della l. n. 46/1990 (sostituito, dapprima, dal mai entrato in vigore art. 108 del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 e, poi, dal vigente art. 3 del d.m. 22 gennaio 2008, n. 37), rimettendo ad essa le valutazioni discrezionali di competenza. Di qui l'inidoneità dell'atto impugnato a determinare alcun pregiudizio diretto nella sfera giuridica di parte ricorrente, con conseguente inammissibilità di ogni censura ad esso rivolta. Ed invero, si è precisato in giurisprudenza che simili atti costituiscono la manifestazione di opinioni dotate di indiscutibile autorevolezza, in ragione della particolare competenza dell’organo, che possono anche conseguire un apprezzabile effetto di uniformità e di chiarezza nell’applicazione della legge; ma che restano pur sempre pronunciamenti insuscettibili di vincolare, nello svolgimento delle procedure concorsuali, le amministrazioni aggiudicatici, le quali possono da essi discostarsi, ove li reputino contra legem o, comunque, inconferenti (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 5 aprile 2003, n. 1785; sez. V, 30 ottobre 2003, n. 6760; TAR Lazio, Roma, sez. III, 10 luglio 2002, n. 6241; TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 17 marzo 2005, n. 405; TAR Sardegna, Cagliari, sez. I, 7 aprile 2006, n. 504). In ogni caso, anche a voler prescindere dalla più generale considerazione che, ai fini della individuazione di un atto come provvedimento impugnabile, esso deve essere suscettibile di produrre effetti costitutivi e che nessun effetto costitutivo si ricollega all’impugnata nota del 15 ottobre 2007, prot. n. 56204/07/ISP – GE 588/07, in quanto – come si ricava dal suo stesso tenore letterale – non contenente alcun precetto volto a modificare autoritativamente la realtà giuridica su cui si innesta, non è revocabile in dubbio che l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, avendo riscontrato, a seguito dell’esercizio dei suoi poteri ispettivi, l’esistenza di una incongruenza nella predisposizione dei bandi da parte del Comune di Alife, si è limitata a segnalare la circostanza a quest’ultimo, senza annullare (non avendone il potere) gli atti della procedura, ma sollecitando eventualmente l’esercizio delle prerogative di autotutela, e, quindi, rispettando pienamente l’autonomia dell’ente locale, senza imporgli alcun comportamento o attività necessitata (Cons. Stato, sez. IV, 12 settembre 2006, n. 5317). Ne consegue che nessun vulnus alla posizione giuridica del (XXXX) era immediatamente ricollegabile al predetto intervento ‘propulsivo’, non essendo tenuta l’amministrazione comunale a procedere al ritiro degli atti di gara nell’esercizio del potere discrezionale di autotutela. Ciò posto, il ricorso in epigrafe deve dichiararsi inammissibile per carenza di interesse, nella parte in cui è rivolto avverso la nota del 15 ottobre 2007, prot. n. 56204/07/ISP – GE 588/07, nonché gli altri atti ad essa presupposti, adottati dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici.
2. L’accoglimento di tale eccezione elide ed assorbe l’eccezione – sollevata dal Comune di Alife – di inammissibilità del gravame per mancata impugnazione, quali atti presupposti, della determinazione del 13 dicembre 2000, n. 56 e della deliberazione del 15 ottobre 2003, n. 269, entrambe emanate dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici.
3. Venendo ora all’esame, nel merito, del primo motivo di ricorso, con esso il (XXXXX) lamenta la mancata comunicazione di avvio del procedimento di annullamento d’ufficio della disposta aggiudicazione in suo favore e la conseguente violazione degli artt. 7, 8 e 10 della l. n. 241/1990.
Tale doglianza è fondata.
In ipotesi di ritiro in autotutela dell’aggiudicazione definitiva, è stato, infatti, costantemente ravvisato dalla giurisprudenza l’obbligo di comunicazione ex art. 7 della l. n. 241/1990, in quanto volto a consentire all'aggiudicatario, titolare di una posizione giuridica evidentemente qualificata, di poter interloquire con l'amministrazione, rappresentando fatti e prospettando osservazioni e valutazioni finalizzate alla migliore individuazione dell'interesse pubblico, concreto ed attuale, alla cui unica cura deve essere indirizzata l’azione amministrativa, e ad un’adeguata ponderazione dello stesso con quello privato (interesse all'eliminazione dell'atto illegittimo e interesse alla conservazione delle posizioni acquisite, avuto riguardo all'affidamento del privato maturato circa la stabilità del provvedimento in riesame, specie se sia trascorso un apprezzabile lasso di tempo dall’aggiudicazione) (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 14 gennaio 2000, n. 244; sez. V, 24 ottobre 2000, n. 5710; sez. IV, 25 luglio 2001, n. 4083; sez. V, 13 luglio 2006, n. 4426; sez. IV, 31 ottobre 2006, n. 6456; Cons. giust. amm. sic., sez. giur., 18 maggio 2007, n. 394; 16 settembre 2008, n. 757; TAR Piemonte, Torino, sez. II, 20 marzo 2004, n. 484; TAR Lazio, Roma, sez. III, 27 maggio 2004, n. 5033; 1° settembre 2004, n. 8142; TAR Campania, Salerno, sez. I, 19 luglio 2007, n. 868; 14 febbraio 2008, n. 200; TAR Sardegna, Cagliari, sez. I, 12 agosto 2008, n. 1721; TAR Puglia, Bari, sez. I, 2 ottobre 2008, n. 2258; TAR Abruzzo, L’Aquila, 17 gennaio 2009, n. 18). Che nella fattispecie in esame fosse intervenuta l’aggiudicazione definitiva è dimostrato – nonostante l’equivoca terminologia adoperata nell’impugnata determinazione n. 102 bis del 20 novembre 2007 (prot. n. 15395) – dal dato sostanziale che la determinazione n. 31 del 9 marzo 2007 (prot. n. 3588), nel definire ed approvare come aggiudicazione provvisoria quella proclamata dalla commissione di gara, disponeva di procedere alla stipula dell’affidato contratto di appalto entro il termine di sessanta giorni dalla data della propria “esecutività”, ai sensi dell’art. 11, comma 9, del d.lgs. n. 163/2006; norma che, appunto, fa decorrere il predetto termine dalla sopraggiunta efficacia dell’aggiudicazione definitiva, identificabile, quindi, nella citata determinazione n. 31 del 9 marzo 2007 (prot. n. 3588). Dell’avvenuta aggiudicazione definitiva è, d’altronde, conferma l’ulteriore circostanza che è stata effettuata la consegna in via d’urgenza dei lavori (cfr. processo verbale di consegna del 9 marzo 2007) ai sensi dell’art. 129 del d.p.r. n. 554/1999; ai sensi, cioè, di una norma che consente, appunto, di dar corso a siffatto incombente “subito dopo l’aggiudicazione definitiva”. A neutralizzare la censura di parte ricorrente non vale, poi, l’eccezione del Comune resistente, il quale, nell’invocare l’operatività dell’art. 21 octies, comma 2, della l. n. 241/1990, oppone il carattere vincolato dell’impugnato provvedimento di annullamento d’ufficio, in conseguenza delle ‘tassative’ disposizioni impartite dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici e sostiene, quindi, che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. In disparte il rilievo della natura tutt’altro che vincolata del gravato provvedimento in autotutela – così come acclarato retro, sub n. 1 – deve obiettarsi, in senso contrario a tale assunto difensivo, che, affinché al denunciato vizio procedimentale non fosse ricollegabile portata invalidante, l’ente locale intimato avrebbe dovuto dimostrare in giudizio, ai sensi dell’art. 21 octies, comma 2, della l. n. 241/1990, “che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Ed invero, una simile dimostrazione – anche alla luce di quanto illustrato infra, sub n. 5 – non risulta compiutamente fornita dal Comune di Alife, non potendosi, di certo, reputare all’uopo esauriente e satisfattiva dell’onere probatorio normativamente imposto l’erronea deduzione del carattere vincolato dell’impugnato provvedimento di annullamento d’ufficio, giacché quest’ultimo, sebbene adottato sulla scorta di un parere dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, costituisce una scelta discrezionale della stazione appaltante (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 ottobre 2006, n. 6026).
4. Del pari fondati sono il secondo e il terzo motivo di ricorso, che possono essere in appresso esaminati congiuntamente, stante l’omogeneità e l’interrelazione delle questioni ivi dedotte. Lamenta, in particolare, il (XXXXX): - la mancanza di un’adeguata ricognizione dell’illegittimità degli atti di gara annullati in via di autotutela; - la violazione dell’art. 1, comma 136, della l. n. 311/2004; - l’omessa ponderazione fra l’interesse pubblico alla rimozione del provvedimento di aggiudicazione e il proprio confliggente interesse alla stabilità dei suoi effetti, come desumibile dalla carenza di motivazione sul punto (lesiva del disposto dell’art. 21 nonies, comma 1, della l. n. 241/1990), a fronte del legittimo affidamento dallo stesso riposto in ragione della propria condotta incolpevole e del tempo trascorso dall’adozione del predetto provvedimento ampliativo, poi annullato d’ufficio.
4.1. Innanzitutto, va disatteso il primo profilo di doglianza, con cui il ricorrente censura l’insussistenza di una compiuta ricognizione dell’illegittimità degli atti di gara ritirati in via di autotutela, non potendosi, questa, inferire dal tenore della richiamata nota dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, prot. n. 56204/07/ISP – GE 588/07, del 15 ottobre 2007. Ed invero, nessuna specifica allegazione viene fornita dal (XXXXX), onde smentire in concreto l’assunto dell’amministrazione comunale circa l’illegittimità della clausola concorsuale impositiva del requisito idoneativo costituito dal possesso dell’abilitazione ex art. 2 della l. n. 46/1990, integrante – secondo l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici – un ingiustificato aggravio a discapito del naturale dispiegarsi della concorrenza. Detto altrimenti, il ricorrente, per poter aggredire efficacemente in parte qua l’impugnato provvedimento di annullamento d’ufficio, avrebbe dovuto dimostrare l’insussistenza del presupposto di illegittimità degli atti con esso ritirati (contemplato sia dall’art. 1, comma 136, della l. n. 311/2004 sia dall’art. 21 nonies, comma 1, della l. n. 241/1990 e, comunque, postulato dall’amministrazione comunale), illustrando, quindi, in positivo la legittimità degli stessi, anziché arrestare le proprie censure all’omessa specificazione dei relativi elementi vizianti da parte dell’ente locale intimato.
4.2. La ravvisata infondatezza del profilo di doglianza di cui sopra non è, tuttavia, suscettibile di travolgere i due motivi di ricorso in esame. Al riguardo, occorre rammentare che le ragioni di pubblico interesse da porre a fondamento della determinazione (discrezionale) di annullamento d’ufficio non possono esaurirsi, in via di principio, e fatta salva l’ipotesi – non ravvisabile nella specie – di interesse pubblico in re ipsa, nella mera esigenza di ripristino della legalità violata (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 febbraio 2000, n. 661; sez. IV, 7 novembre 2002, n. 6113; sez. V, 19 febbraio 2003, n. 899; 1° marzo 2003, n. 1150; sez. VI, 30 luglio 2003, n. 4391; 14 ottobre 2004, n. 6656; sez. IV, 14 febbraio 2006, n. 564; sez. VI, 27 febbraio 2006, n. 846; sez. V, 19 giugno 2006, n. 3576; 24 agosto 2006, n. 4961; 25 settembre 2006, n. 5622; sez. VI, 26 ottobre 2006, n. 6413; sez. IV, 31 ottobre 2006, n. 6465; sez. V, 6 dicembre 2007, n. 6252; 20 maggio 2008, n. 2364; 19 marzo 2009, n. 1615; TAR Lombardia, Milano, sez. III, 8 ottobre 2001, n. 6665; T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 30 aprile 2003, n. 1092; TAR Puglia, Bari, sez. II, 21 ottobre 2002, n. 4624; Lecce, sez. II, 27 febbraio 2004, n. 1560; Bari, sez. I, 15 maggio 2008, n. 1157; TAR Piemonte Torino, sez. I, 26 marzo 2003, n. 467; TAR Campania, Napoli, sez. IV, 9 febbraio 2004, n. 1968; 13 febbraio 2006, n. 2026; Salerno, sez. I, 7 marzo 2006, n. 251; Napoli, sez. IV, 08 marzo 2006, n. 2738; sez. VII, 22 giugno 2007, n. 6238; Salerno, sez. I, 20 luglio 2007, n. 871; Napoli, sez. III, 11 settembre 2007, n. 7483; Salerno, sez. II, 30 aprile 2008, n. 1171; Napoli, sez. VIII, 15 maggio 2008, n. 4557; sez. II, 23 settembre 2008, n. 10620; TAR Trentino Alto Adige, Bolzano, 10 giugno 2004, n. 293; TAR Lazio, Roma, sez. III, 8 gennaio 2005, n. 94; 8 febbraio 2006, n. 924; sez. I, 8 marzo 2006, n. 1832; sez. III, 19 luglio 2006, n. 6046; sez. II, 11 gennaio 2008, n. 151; sez. III, 19 marzo 2008, n. 2475; TAR Basilicata, Potenza, 10 maggio 2005, n. 299; 11 luglio 2007, n. 491; TAR Liguria, Genova, sez. II, 27 maggio 2005, n. 747; sez. I, 11 dicembre 2007, n. 2050; TAR Veneto, Venezia, sez. I, 19 gennaio 2006, n. 88; TAR Sicilia, Palermo, sez. III, 19 gennaio 2007, n. 170; TAR Toscana, Firenze, sez. I, 6 marzo 2007, n. 286; TAR Abruzzo, L'Aquila, sez. I, 16 luglio 2008, n. 915; TAR Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 10 ottobre 2008, n. 527). Quando, cioè, l’amministrazione annulla, in sede di riesame, un provvedimento ampliativo, è chiamata a verificare la presenza, oltre che del vizio di legittimità, anche dell’interesse pubblico attuale e concreto all’eliminazione del provvedimento medesimo, che giustifichi il particolare sacrificio imposto al privato in relazione alla sua posizione giuridica nel tempo radicatasi per effetto del ritirato atto a sé favorevole, così come, del resto, perspicuamente previsto dall’art. 21 nonies, comma 1, della l. n. 241/1990. Essa deve, pertanto, svolgere un duplice ordine di valutazioni: l’una relativa alla sussistenza del vizio invalidante; l’altra relativa all’opportunità dell’eliminazione, tramite comparazione, in termini di prevalenzarecessività, tra interessi (pubblici e privati) antagonistici alla conservazione o, rispettivamente, alla rimozione del provvedimento in precedenza adottato. Conseguentemente, un provvedimento di annullamento d’ufficio che – come quello impugnato – risulti (peraltro, genericamente) incentrato soltanto sul primo ordine di valutazioni non può dirsi immune da censure attinenti al secondo ordine di valutazioni.
4.3. Ciò posto, deve rilevarsi la sussistenza del denunciato vizio di violazione dell’art. 1, comma 136, della l. n. 311/2004, in applicazione del quale il Comune di Alife risulta aver disposto il contestato annullamento d’ufficio. E tanto: a) sia in considerazione dell’omessa valutazione e illustrazione dell’interesse pubblico codificato dalla richiamata norma, corrispondente alla finalità di “conseguire risparmi o minori oneri finanziari”; b) sia in considerazione della mancata previsione dell’indennizzo contemplato dalla medesima norma.
a) In ordine al primo aspetto, consistente nella carenza di motivazione con riferimento al codificato interesse pubblico alla realizzazione di risparmi di spesa, occorre rimarcare che l’art. 1, comma 136, cit. non esonera, di certo, l’amministrazione dall’obbligo di valutare l’interesse pubblico alla rimozione
dell’atto illegittimo e di motivare, sulla base di esso, il disposto annullamento d’ufficio. La norma in parola si limita soltanto a individuare ex ante una ipotesi di interesse pubblico (finalità di “conseguire risparmi o minori oneri finanziari”), suscettibile di legittimare l’intervento in autotutela, ma non elide, e, anzi, proprio per l’automatismo applicativo da essa introdotto, rafforza l’impegno motivazionale richiesto all’amministrazione circa le modalità attraverso cui realizzare il risparmio di spesa: essa sottolinea l'importanza e la gravità degli atti di ritiro e la necessità di un prudente apprezzamento dei presupposti per l'esercizio dell'autotutela, così rendendo ancora più indispensabile il richiamo alle ragioni, concrete, e non meramente ipotetiche, di interesse pubblico, anche di ordine economico, sottese all’annullamento d’ufficio (TAR Puglia, Bari, sez. II, 9 marzo 2006, n. 798). Ebbene, un simile impegno motivazionale non può ritenersi assolto mediante il mero richiamo alla norma medesima – così come, appunto, effettuato dal Comune di Alife –, senza la minima indicazione dei risparmi rivenienti dalla disposta rinnovazione della gara annullata. In particolare, l’amministrazione comunale non risulta aver verificato se la restrizione della concorrenza cagionata dalla clausola concorsuale censurata dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici avesse comportato, in sede di selezione del migliore offerente, aggravi di spesa tali da giustificare l’assunzione degli oneri di ristoro dell’aggiudicatario e di rinnovazione della procedura, nonché il differimento dell’esecuzione dell’appalto in conseguenza del disposto annullamento d’ufficio, tenuto conto, peraltro, che non è irrilevante il numero delle imprese non escluse dall’annullata gara in ragione della predetta clausola (15 su un totale di 34 partecipanti). Né risulta aver verificato, alla luce dei dati di mercato, se il prezzo proposto dalla ditta (XXXXX) fosse, comunque, in sé congruo.
b) La determinazione n. 102 bis del 20 novembre 2007 (prot. n. 15395) si appalesa vieppiù illegittima, ove riguardata sotto il secondo aspetto dianzi indicato, consistente nella mancata previsione dell’indennizzo in favore del destinatario del provvedimento in autotutela. L’art. 1, comma 136, cit. stabilisce, infatti, che l’annullamento, in base ad esso disposto, “di provvedimenti incidenti su rapporti contrattuali o convenzionali con privati deve tenere indenni i privati stessi dall’eventuale pregiudizio patrimoniale derivante”. Contempla, quindi, quale conseguenza indefettibile dell’annullamento d’ufficio, la corresponsione dell’indennizzo a carico dell’amministrazione, a prescindere dalla verifica della colpa di quest’ultima e dell’eventuale concorso di colpa del privato. Né varrebbe opporre, in senso contrario, la circostanza che tra il Comune di Alife e il (XXXXX) non risulta essere stato stipulato il contratto di appalto (definitivamente) aggiudicato al secondo. E ciò perché l’avvenuta consegna in via d’urgenza dei lavori ai sensi dell’art. 129 del d.p.r. n. 554/1999 e il conseguente inizio delle attività di cantiere integrano, in ogni caso, gli estremi del rapporto contrattuale di fatto, come tale riconducibile alla sfera applicativa della previsione dell’obbligo di indennizzo di cui all’art. 1, comma 136 cit.
n. 554/1999 (in data 9 marzo 2007). A fronte delle illustrate circostanze, tutte dirette a consolidare il legittimo affidamento dell’aggiudicatario nella stipula e nell’esecuzione dell’appalto, il Comune di Alife ha omesso qualsivoglia giustificazione circa l’interesse pubblico concreto e attuale all’annullamento in via di autotutela della determinazione n. 102 bis del 20 novembre 2007 (prot. n. 15395), limitandosi a richiamare le direttive impartitegli dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici con la nota del 15 ottobre 2007, prot. n. 56204/07/ISP – GE 588/07. Laddove avrebbe dovuto, invece, spiegare un adeguato impegno motivazionale circa la prevalenza del predetto interesse pubblico rispetto a quello confliggente del privato alla conservazione del provvedimento di aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 febbraio 2000, n. 661; 20 settembre 2001, n. 4966; sez. IV, 17 luglio 2002, n. 3997; 22 ottobre 2004, n. 6931; sez. VI, 27 febbraio 2006, n. 846; 30 ottobre 2006, n. 6449; sez. IV, 31 ottobre 2006, n. 6456; sez. VI, 4 dicembre 2006, n. 7102; TAR Lombardia, Milano, sez. III, 4 febbraio 2005, n. 227; T.A.R. Veneto Venezia, sez. I, 19 gennaio 2006, n. 88; TAR Lazio, Roma, sez. III, 8 maggio 2007, n. 4097; TAR Campania, Napoli, sez. I, 25 maggio 2007, n. 5687; TAR Abruzzo, L’Aquila, 11 settembre 2007, n. 544; TAR Sicilia, Palermo, sez. III, 22 ottobre 2007, n. 2244; TAR Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 10 ottobre 2008, n. 527).
5. Merita, infine, accoglimento anche l’ultimo motivo di gravame, concernente il denunciato difetto di motivazione dell’impugnato provvedimento in autotutela. Al riguardo, occorre, bensì, riconoscere che la determinazione n. 102 bis del 20 novembre 2007 (prot. n. 15395) fa testuale rinvio alla nota dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, prot. n. 56204/07/ISP – GE 588/07, del 15 ottobre 2007 e che, quindi, risulta motivata per relationem a quest’ultima. Senonché, il contenuto della nota in parola non può, dirsi, di per sé, congruo e sufficiente sul piano motivazionale, al fine di giustificare non già la prevalenza dell’interesse pubblico alla rimozione della disposta aggiudicazione, ma anche soltanto l’illegittimità dell’espletata procedura di affidamento, integrante presupposto indefettibile dell’annullamento d’ufficio ai sensi sia dell’art. 1, comma 136, della l. n. 311/2004 sia dell’art. 21 nonies, comma 1, della l. n. 241/1990. In questo senso, giova, in primis, osservare che la nota dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, prot. n. 56204/07/ISP – GE 588/07, del 15 ottobre 2007 non ravvisa espressamente nella censurata clausola concorsuale prescrittiva del possesso dell’abilitazione ex art. 2 della l. n. 46/1990 gli estremi della irragionevolezza e della sproporzione, tali da comportare una illegittima restrizione della concorrenza per violazione dell’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 163/2006 (sul punto, cfr. Cons. Stato, sez. V, 30 aprile 2002, n. 2294; 5 ottobre 2005, n. 5318; TAR Puglia, Bari, sez. I, 3 dicembre 1999, n. 1832; TAR Lazio, Roma, sez. II ter, 8 marzo 2006, n. 1821; TAR Lombardia, Milano, sez. III, 27 agosto 2006, n. 1877; sez. I, 18 giugno 2007, n. 1877), ma si limita a rilevare la sufficienza del “possesso della categoria SOA” ed a raccomandare “le necessarie regolarizzazioni e conseguenti attività in autotutela”, senza specificare se siffatte attività debbano sostanziarsi in provvedimenti di annullamento o di revoca (con le connesse differenti implicazioni effettuali) (sulla possibilità di revoca degli atti di gara per inopportunità di clausole concorsuali legittime, ma restrittive della concorrenza, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 19 agosto 2003, n. 4671). A ciò si aggiunga che la citata nota del 15 ottobre 2007, prot. n. 56204/07/ISP – GE 588/07 considera congiuntamente tre procedure di affidamento concernenti appalti diversi (cfr. retro, sub n. 2.3 della parte narrativa) e che, per di più, nel richiamare la propria determinazione del 13 dicembre 2000, n. 56 e la propria deliberazione del 15 ottobre 2003, n. 269, non considera che queste ultime stabiliscono che “l’attestazione di qualificazione rilasciata da una SOA per le categorie OG9, OG10, OG11, OS3, OS4, OS5, OS9, OS14, OS16, OS17, OS19, OS22, OS27, OS28 e OS30 ha di per se stessa valenza abilitativa per l’esercizio delle attività impiantistiche di cui all’art. 1, comma 1, della l. n. 46/1990, oggi art. 107 del Testo unico dell’edilizia”, laddove, però, nella gara de qua, la categoria prevalente e la corrispondente qualificazione richiesta dalla lex specialis (OG3) non è ricompresa fra quelle elencate nella riportata statuizione dell’Autorità. Stante, quindi, la genericità dei rilievi formulati dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, il Comune di Alife avrebbe dovuto svolgere una specifica analisi degli eventuali profili di illegittimità inficianti l’annullata procedura di aggiudicazione e, sulla base di essi, motivare il proprio intervento in autotutela.
6. Alla stregua di quanto sopra, il ricorso in epigrafe va in parte dichiarato inammissibile e in parte accolto e, pertanto, la determinazione del responsabile dell’area A.T.A. del Comune di Alife n. 102 bis del 20 novembre 2007 (prot. n. 15395) deve essere annullata.
7. Con riguardo, poi, alla proposta domanda risarcitoria, il Collegio rileva che dalle allegazioni delle parti e dalla documentazione versata in atti non risultano del tutto perspicue le vicende successive all’aggiudicazione annullata in via di autotutela, nonché alla proposizione del gravame introduttivo del presente giudizio. Pertanto, ai fini del decidere sulla sussistenza e sull’entità del danno risarcibile per equivalente, ritiene necessario disporre l’acquisizione dei seguenti documenti, da esibirsi a cura del Comune di Alife:
a) relazione dettagliata sulle vicende concernenti la controversia in esame, verificatesi dopo l’aggiudicazione annullata in via di autotutela e dopo la proposizione del ricorso in epigrafe, con particolare riguardo alle attività di cantiere eventualmente svolte dalla ditta (XXXXX), nonché alle modalità ed ai termini della rinnovata procedura di affidamento e della esecuzione del contratto stipulato sulla base di essa;
b) elaborati allegati al bando di gara del 6 febbraio 2007;
c) registro di contabilità dei lavori denominati “POR Campania 2000-2006 – Mis. 4.20 – 1° bimestre 2003 Progetto di sistemazione e completamento di via Eole”;
d) eventuali certificati di pagamento emessi in favore della ditta (XXXXX);
e) ogni altro documento ritenuto utile dall’amministrazione comunale
8. Quanto alle spese e agli onorari di giudizio, appare equo compensare interamente le spese, i diritti e gli onorari di lite tra parte ricorrente e Autorità di vigilanza sui contratti pubblici. Il regolamento delle spese tra parte ricorrente e Comune di Alife deve essere rinviato alla decisione definitiva del merito
9. Ai sensi dell’art. 44, comma 3, del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, la successiva udienza per la trattazione del presente ricorso per la decisione definitiva del merito viene fissata per la data del 25 novembre 2009.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale della Campania – Sezione Ottava in parte dichiara inammissibile e in parte accoglie il ricorso in epigrafe e per l’effetto annulla la determinazione del 20 novembre 2007 n. 102/bis, prot. n. 15395, del responsabile dell’area A.T.A. del Comune di Alife. Ai fini della decisione sulla proposta domanda di risarcimento dei danni, ordina al Comune di Alife di ottemperare all’incombente istruttorio di cui in motivazione nel termine di 20 giorni dalla comunicazione e/o notificazione della presente sentenza a cura di parte ricorrente. Compensa interamente le spese, i diritti e gli onorari di lite tra parte ricorrente e Autorità di vigilanza sui contratti pubblici. Rinvia il regolamento delle spese tra parte ricorrente e Comune di Alife alla decisione definitiva del merito, per la quale fissa l’udienza di trattazione per il 25 novembre 2009. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 11/05/2009 con l'intervento dei Magistrati:
(omissis)
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 08/07/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
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