Amici miei, vicini e lontani: buongiorno!
Mettetevi comodi per favore: l’argomento di stamattina è importante.
Voglio parlare di bilancio. Del rendiconto 2008 del Comune di Alife.
Lo spunto mi è arrivato (che vuole il caso!) da ItaliaOggi. Il quotidiano, oggi, apre con l’articolo di Francesco Cerisano (vi suggerisco di leggerlo, è in fondo a questo post) dal titolo “Conti taroccati nei Comuni”: un commento sugli “orrori” contabili scoperti dagli 007 della Ragioneria dello stato come avanzi presunti nei preventivi, residui fittizi (sic!) e debiti fuori bilancio (sic! sic!).
Chiaro che l’articolo non parla del Comune di Alife, ma l’argomento invece lo interessa certamente.
Perché, se a proposito di conti alcuni dubbi li ho sollevati nell’ultimo Consiglio comunale (è tutto sul blog) e per alcuni ho fatto anche interrogazione con richiesta di risposta scritta al Sindaco, per quanto riguarda il rendiconto del 2008 questo risulta non ancora approvato. Nonostante il temine sia spirato il 30 aprile 2009. Viene allora spontaneo chiedersi: perché la passata amministrazione non ha provveduto? Perché la nuova amministrazione non ne parla (pur standoci la presenza del vecchio Sindaco nella Giunta comunale), ma nel frattempo approva il preventivo 2009? Insomma: quanto tempo ancora dobbiamo aspettare per capire se e come sono stati chiusi i conti dello scorso anno?
Vanno con calma loro (la Maggioranza). Lo capisco: non c’è alcuna sanzione diretta per la mancata approvazione del rendiconto, diversamente dall’approvazione del preventivo che, se non effettuata nei termini, può decretare anche lo scioglimento del consiglio comunale. Ma questo dell’attendere, prima di tutto non risolve il problema (l’approvazione del bilancio) e poi è un espediente che può andare bene per un paio di anni. Poi bisogna provvedere necessariamente, a meno che non si decida di far passare il Comune in “condizioni strutturalmente deficitarie”, secondo quanto stabilisce la legge. Prima di arrivare a tanto, sono certo che interverrà il Revisore dei conti: prenderà la parola e informerà il Consiglio comunale dell’inadempimento – anche questo secondo quanto stabilito dalla legge.
Con tutti questi considerando, stamattina ho preso la “tastiera” (una volta si diceva: ho preso la “penna”) e ho scritto un’interrogazione al Sindaco (la trovate nel post dedicato). Spero di ricevere quanto prima risposta anche su questo delicato argomento.
Non mi resta che salutarvi.
Prima ringrazio Alfonso per il lungo dibattito sulla libertà di stampa. Ho visto il post di risposta e l’ho pubblicato anche sul blog di Vivi Alife: ti replicherò presto.
Buona giornata a tutti.
Ciao, Daniele
Da ItaliaOggi del 14 ottobre 2009 (www.italiaoggi.it)
Report della Ragioneria boccia il sistema dei controlli. E auspica una riforma nel Codice autonomie
Comuni, i conti non tornano
Avanzi presunti nei preventivi, residui fittizi e debiti fuori bilancio
Di Francesco Cerisano
I comuni utilizzano avanzi di amministrazione presunti già in fase di approvazione dei preventivi per raggiungere il pareggio finanziario e l'equilibrio di parte corrente. Si tratta di una prassi molto diffusa tra i municipi, ma in contrasto con il Tuel che consente l'utilizzo degli avanzi solo quando sono divenuti definitivi, ossia con l'approvazione del rendiconto dell'anno precedente. È una dura requisitoria quella contenuta nel report dei servizi ispettivi di finanza pubblica della Ragioneria generale dello stato che, a partire dal 2005, hanno passato ai raggi X bilanci e rendiconti degli enti locali (sono state effettuate 116 verifiche presso i comuni e 18 presso le province).
Gli 007 del dipartimento guidato da Mario Canzio sono consapevoli che si tratta di una prassi scorretta, ma «sintomo delle difficoltà finanziarie che stanno incontrando i comuni nella gestione dei loro bilanci». I sindaci, insomma, sempre più alla prese con vincoli di finanza pubblica insostenibili, si starebbero arrangiando come possono. Sperimentando anche qualche artificio contabile nel tentativo di far quadrare i bilanci. Un'attenuante che però non sposta di una virgola le conclusioni degli ispettori di via XX Settembre secondo cui «il risultato di amministrazione dei comuni è determinato in maniera erronea». Promossi invece a pieni voti i conti delle province che non soffrono di carenza di liquidità e contabilizzano gli avanzi in modo corretto.
Le irregolarità scovate sono innumerevoli. A cominciare dai primi tre titoli del bilancio (entrate tributarie ed extratributarie) in cui vengono iscritti residui «carenti dell'idoneo titolo giuridico (in quanto non riscuotibili) o di dubbia esigibilità», che alterano il risultato d'amministrazione, aumentando «in modo scorretto» l'avanzo e diminuendo «in modo altrettanto scorretto» il disavanzo. Le maggiori anomalie hanno riguardato le entrate derivanti dal recupero dell'evasione fiscale, i tributi non più in vigore (Iciap) e i proventi delle sanzioni per violazione del codice della strada.
Una messe di residui attivi fittizi che ha generato, scrive la Ragioneria, «inevitabili tensioni di cassa, poiché questi importi che l'ente non riesce a riscuotere, sono andati a finanziare spese reali, che sono state liquidate con soldi veri». Andando a spulciare tra i conti dei comuni si trova di tutto. Ci sono crediti nei confronti dello stato e delle regioni vecchi di 15/20 anni e difficilmente incassabili a causa del meccanismo della perenzione (si veda ItaliaOggi del 10/9/2009). Ma anche fondi per lo sviluppo delle risorse umane e per la produttività sui cui vengono fatti gravare gli emolumenti retributivi accessori. In pratica, sono stati utilizzati, lamenta la Rgs, come «valvola di sfogo per inserire nei fondi risorse autonome di bilancio». E la spesa per il personale ha finito per incrementarsi nonostante i tentativi del legislatore di contenerne la crescita.
Esternalizzazioni.
Bocciato anche il ricorso all'outsourcing. In molti casi, scrivono i servizi ispettivi di finanza pubblica, le esternalizzazioni anziché generare un risparmio di spesa hanno determinato nel tempo costi superiori a quelli che gli enti avrebbero sopportato in caso di gestione diretta, dal momento che alle spese istituzionali si sono sommati gli oneri per il mantenimento e la retribuzione degli organi societari (consigli di amministrazione e collegi sindacali).
Derivati.
Un'altra nota dolente riguarda i derivati. Rinegoziarli come hanno fatto molti, dice la Ragioneria, non è stata un'idea brillantissima perché, «nella maggior parte dei casi le economie derivanti dalla rinegoziazione sono state utilizzate per mantenere costante o aumentare il livello di spesa corrente». In pratica, una volta incassato il vantaggio immediato derivante dall'up-front e dai differenziali positivi nei primi anni, i sindaci hanno scaricato sulle amministrazioni future gli oneri dei contratti in perdita.
Debiti fuori bilancio.
Anche su questo fronte si registra una distorsione delle regole contabili. Da evento straordinario nella gestione dell'ente i debiti fuori bilancio stanno diventando, scrivono gli ispettori, «la modalità ordinaria di gestione della spesa». E spiegano perché. «Al fine di rispettare gli equilibri dei bilanci di previsione, vengono sistematicamente sottostimati gli stanziamenti di spesa, soprattutto quelli di parte corrente per l'acquisto di beni o servizi». «Questo permette la chiusura formale del bilancio», proseguono, «ma non consente la reale contrazione della spesa che comunque matura mediante l'assunzione di obbligazioni in violazione delle regole contabili, creando il debito fuori bilancio da riconoscere e finanziare a carico degli esercizi futuri».
Conclusioni.
Per la Ragioneria, dunque, il sistema dei controlli sui conti degli enti locali va completamente riformato. «Servono informazioni molto più affidabili di quelle fornite dai dati aggregati del patto di stabilità», concludono gli ispettori che propongono un sistema di verifiche basato sull'individuazione di una serie di fattori di rischio «misurabili con indici sintetici, superati i quali l'ente dovrà apportare adeguate misure correttive nell'esercizio successivo». Ai revisori il compito di individuare tali indici e segnalare lo stato di dissesto. L'occasione per cambiare le regole c'è ed è il Codice delle autonomie. Dove, secondo la Ragioneria, dovrebbero essere recepite tutte «le istanze emerse nei nove anni trascorsi dall'entrata in vigore del Tuel».
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