Questi tiepidi raggi solari danno più vigore all’avvio di questa nuova settimana. Una nuova settimana che ha in programma l’importante appuntamento di oggi pomeriggio con la quarta seduta del Consiglio comunale.
Oggi parliamo di espropri pubblici. Avete presente le villette fatte costruire dalla passata amministrazione con il programma di edilizia residenziale pubblica? Bene, il terreno su cui insistono non è stato mai espropriato! Accidenti!
Tutto comincia nel 2001 (precisamente il 22 settembre 2001) quando il Comune con delibera di Consiglio n. 23 dichiara il programma edilizio di pubblica utilità e i relativi lavori come indifferibili ed urgenti, prendendo atto che lo I.A.C.P. di Caserta aveva aderito alla Soc. Cons. a r.l. I.F. quale soggetto attuatore di programmi di edilizia agevolata e convenzionata. Poi in data 5 marzo 2003 viene redatto il verbale di stato di consistenza dell’esproprio del fondo, disponendosi l'occupazione temporanea d'urgenza a decorrere dal 7 maggio 2003.
Ebbene, d’allora i proprietari del fondo (che erano già a conoscenza dell’esproprio il 19 dicembre 2000 per mezzo di una nota del Sindaco, la n. 15427) stanno ancora aspettando che l’esproprio venga perfezionato: non hanno più il terreno e non hanno avuto mai i soldi!
Non voglio dilungarmi oltre: insomma i proprietari hanno adito il Tar della Campania chiedendo, non solo i soldi dell’esproprio, ma (ovviamente) anche un risarcimento del danno! Il Tar gli ha dato ragione e ha condannato in solido il Comune di Alife e la società Iacp Futura S.r.l. al pagamento del valore del fondo (euro 696.990,00) e dell'indennità di occupazione (euro 324.299,97), come valutati da perizia tecnica ordinata dallo stesso Tribunale.
Contro questa decisione del Tar, il Comune di Alife si è appellata al Consiglio di Stato che con ordinanza (n. 6057/2009) ha sospeso l’efficacia della sentenza del Tar, in attesa di decidere sul merito. Dunque, la situazione è ancora in ballo!
Ma, se le cose dovessero andar male (se il Comune dovesse essere condannato al pagamento del risarcimento del danno), chi dovrà cacciare quei soldi ?
Non mi resta che salutarvi.
Buona giornata.
Ciao, Daniele
Ecco la sentenza del Tar Campania
T.A.R. Campania Napoli Sez. V, 28-05-2009, n. 2986
Svolgimento del processo
Espongono in fatto gli odierni ricorrenti di essere proprietari in Alife di un fondo in NCT fl.20, ex p.lla 37 ora p.lle 5060, 5061, 5062 e 5063 per complessivi mq.9.957 in zona C2 del vigente PRG, individuato al fine di attuare un programma di edilizia residenziale pubblica che vedeva quale proponente l'I.A.C.P. di Caserta in quanto titolare di un contributo regionale per la realizzazione di un programma ERP su scala provinciale, giusta comunicazione con nota sindacale n.15427 del 19/12/2000 e dello I.A.C.P. con nota n.1620 del 24/1/2001. Con Delibera di Consiglio Comunale n.23 del 22/9/2001 il Comune di Alife dichiarava il programma edilizio di pubblica utilità ed i relativi lavori come indifferibili ed urgenti, prendendosi atto che lo I.A.C.P. di Caserta aveva aderito alla Soc. Cons. a r.l. I.F. quale soggetto attuatore di programmi di edilizia agevolata e convenzionata. In data 5/3/2003 venne redatto il verbale di stato di consistenza dell'espropriato fondo, disponendosi l'occupazione temporanea d'urgenza del fondo a decorrere dal 7/5/2003, occupazione che perdura non essendo intervenuto nel termine quinquennale il provvedimento d'esproprio; con decreto n. 6462 del 18/5/2006 è stata fissata l'indennità provvisoria di occupazione, ma ogni disponibilità ad accettarne l'importo deve ritenersi venuta meno in ragione dell'illegittimità della procedura espropriativa per mancata emanazione del decreto di esproprio entro il 24/10/2006..
Il Comune si è costituito per resistere al ricorso; mentre la I.F. ha sostenuto che parte ricorrente avrebbe accettato le indennità di occupazione e di esproprio e che, comunque, nella fattispecie sarebbe inapplicabile l'art.43 del DPR n.327/2001.
Con ordinanza istruttoria questo Tribunale ha disposto una consulenza tecnica d'ufficio al fine della quantificazione dei danni a vario titolo provocati e relativi sia al valore per anno di occupazione per ogni singola superficie, sia all'occupazione illegittima; a seguito di proroga è stata poi depositata relazione di consulenza tecnica d'ufficio.
Alla pubblica udienza del 21 maggio 2009 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.
Il Comune si è costituito per resistere al ricorso; mentre la I.F. ha sostenuto che parte ricorrente avrebbe accettato le indennità di occupazione e di esproprio e che, comunque, nella fattispecie sarebbe inapplicabile l'art.43 del DPR n.327/2001.
Con ordinanza istruttoria questo Tribunale ha disposto una consulenza tecnica d'ufficio al fine della quantificazione dei danni a vario titolo provocati e relativi sia al valore per anno di occupazione per ogni singola superficie, sia all'occupazione illegittima; a seguito di proroga è stata poi depositata relazione di consulenza tecnica d'ufficio.
Alla pubblica udienza del 21 maggio 2009 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.
Motivi della decisione
1.Con il ricorso in esame parte ricorrente lamenta l'illegittimità del comportamento dell'Amministrazione, rivendicando il diritto all'integrale ristoro dei danni commisurati all'effettivo valore di mercato, quantificato in Euro 1.149.269,59.
2. In punto di giurisdizione la Sezione ritiene poi di non aver motivo per discostarsi nella circostanza dall'ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, nella materia dei procedimenti di espropriazione per pubblica utilità, sono devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie nelle quali si faccia questione - anche ai fini complementari della tutela risarcitoria - di attività di occupazione e trasformazione di un bene conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità e con essa congruenti, anche se il procedimento all'interno del quale sono state espletate non sia sfociato in un tempestivo e formale atto traslativo della proprietà ovvero sia caratterizzato dalla presenza di atti poi dichiarati illegittimi (Cons. Stato, A.P. 30.7.2007, n.9 e 22.10.2007, n. 12; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 18.12.2007, n.6676; T.A.R. Lazio, Roma, II, 3.7.2007, n.5985; T.A.R. Toscana, I, 14.9.2006, n.3976; Cass. Civ., SS.UU., 20.12.2006, nn. 27190, 27191 e 27193).
2.1 Da canto suo la giurisprudenza della Cassazione (es. SS.UU., 6.5.2003, n. 6853) ha individuato i caratteri nella cosiddetta occupazione appropriativa: a) nella trasformazione irreversibile del fondo, con destinazione ad opera pubblica o ad uso pubblico, che determina l'acquisizione della proprietà alla mano pubblica; b) nel fenomeno, in assenza di formale decreto di esproprio, che ha il carattere dell'illiceità, che si consuma alla scadenza del periodo di occupazione autorizzata (e quindi legittima) se nel frattempo l'opera pubblica è stata realizzata, oppure al momento della trasformazione qualora l'ingerenza nella proprietà privata abbia già carattere abusivo o se essa acquisti tale carattere perché la trasformazione medesima avviene dopo la scadenza del periodo di occupazione legittima; c) nell'acquisto a favore della P.A.. che si determina soltanto qualora l'opera sia funzionale ad una destinazione pubblicistica, e ciò avviene solo per effetto di una dichiarazione di pubblica utilità formale o connessa ad un atto amministrativo che, per legge, produca tale effetto, con conseguente esclusione dall'ambito applicativo dell'istituto di comportamenti della P.A. non collegati ad alcuna utilità pubblica formalmente dichiarata (cosiddetta occupazione usurpativa), o per mancanza "ab inizio" della dichiarazione di pubblica utilità o perché questa è venuta meno in seguito ad annullamento dell'atto in cui essa era contenuta o per scadenza dei relativi termini (in tal caso non si produce l'effetto acquisitivo a favore della P.A. ed il proprietario può chiedere la restituzione del fondo occupato e, se a tanto non ha interesse e quindi vi rinunzi, può avanzare domanda di risarcimento del danno, che deve essere liquidato in misura integrale); d) nella circostanza che il soggetto che ha subito l'ablazione di fatto, per ottenere il risarcimento del danno, ha l'onere di proporre domanda in sede giudiziale entro il termine di prescrizione quinquennale (art. 2947 c.c.), la cui decorrenza è ancorata alla data di scadenza dell'occupazione legittima se l'opera pubblica è realizzata nel corso di tale occupazione, oppure al momento dell'irreversibile trasformazione del fondo se essa è avvenuta dopo quella scadenza (o in assenza di decreto di occupazione d'urgenza, ma sempre nell'ambito di valida dichiarazione di pubblica utilità).
2.2 Tuttavia tale ricostruzione giurisprudenziale dell'occupazione appropriativa (e usurpativa) è del tutto incompatibile con la disciplina normativa introdotta dal D.Lg.vo n. 327/2001 ed entrata in vigore il 30 giugno 2003. Quest'ultimo contiene, infatti, un capo VII, intitolato alle "Conseguenze della utilizzazione di un bene per scopi di interesse pubblico, in assenza del valido provvedimento ablatorio", nel quale rientra soltanto l'art. 43, la cui rubrica è "Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico".
L'incompatibilità tra le attuali previsioni di legge e la ricostruzione "pretoria" del fenomeno occupazione appropriativa e usurpativa è evidente, se solo si considera che la disposizione sopra riportata subordina all'adozione di apposito provvedimento discrezionale il trasferimento di proprietà dei beni immobili utilizzati per scopi di interesse pubblico, a seguito di modificazione avvenuta in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità.
3. Quanto al merito della presente controversia, va constatato che l'occupazione è divenuta abusiva in quanto, successivamente alla Delibera C.C. n.23 del 22/9/2001, in data 5/3/2003 veniva redatto il verbale di stato di consistenza e si disponeva l'occupazione temporanea d'urgenza del fondo a decorrere dal 7/5/2003, senza che sia intervenuto nel termine quinquennale il provvedimento d'esproprio.
3.1 Quanto alla richiesta della I.F. di inapplicabilità dell'art.43 del T.U. n.327/2001, il Collegio evidenzia che ormai l'unico rimedio riconosciuto dall'ordinamento alla Pubblica Amministrazione per evitare la restituzione dell'area è la emanazione di un (legittimo) provvedimento di acquisizione c.d. "sanante" ex art. 43 del DPR n.327/2001, in assenza del quale l'Amministrazione non può addurre la intervenuta realizzazione dell'opera pubblica quale causa di impossibilità oggettiva e quindi come impedimento alla restituzione (Cons. Stato, A. P., 29.4.2005, n.2). La giurisprudenza (da ultimo Cons. Giust. Ammin., 29.5.2008, n.490) sembra ormai persuasa che l'art.43 del DPR n.327 del 2001 persegue una finalità di sanatoria di situazioni nelle quali l'autorità dello Stato si sia espressa mediante una compressione del fondamentale diritto di proprietà in assenza delle procedure legittime di esproprio.
3.2 In definitiva la disposizione dell'art. 43 del DPR 327 del 2001 consente, in caso di apprensione e modifica di "res sine titulo" o con titolo annullato, di neutralizzare la domanda di restituzione del bene proprio e solo con l'adozione di un atto formale preordinato alla acquisizione del bene medesimo (con corresponsione di quanto spettante a titolo risarcitorio), ovvero con la speciale domanda giudiziale formulata nel giudizio in questione ai sensi dello stesso articolo 43. Tale norma viene intesa come espressione del principio secondo cui, nel caso di occupazione divenuta sine titulo, vi è un illecito il cui autore ha l'obbligo di "restituire il suolo e di risarcire il pregiudizio cagionato", salvo il potere dell'Amministrazione di far venire meno l'obbligo di restituzione ab extra con l'atto di acquisizione del bene al proprio patrimonio quale previsto dai commi 1 e 3 dell'art.43, sempre che ricorrano le condizioni in tale norma specificate (Cons. Stato, IV, 27.6.2007, n. 3752).
4. Ai fini risarcitori il problema dell'eventuale applicazione dell'art.5bis del D.L. n.333 del 1992, convertito in Legge n.359 del 1992; al riguardo occorre precisare che, con riguardo al comma 7bis di tale articolo come introdotto dall'art.3, comma 65, della Legge n.662 del 1996, la Corte Costituzionale di recente (24.10.2007, n.349) ne ha dichiarato l'illegittimità costituzionale in quanto non prevederebbe un ristoro integrale del danno subito per effetto dell'occupazione acquisitiva da parte della Pubblica Amministrazione, corrispondente al valore di mercato del bene occupato, dunque in contrasto con gli obblighi internazionali sanciti dall'art.1 del Protocollo addizionale alla CEDU e con lo stesso art.117, primo comma, Cost.
Quanto alla misura dell'indennizzo, nella giurisprudenza della Corte europea (29.3.2006, Scordino) è ormai costante l'affermazione secondo cui "una misura che costituisce interferenza nel diritto al rispetto dei beni deve trovare il giusto equilibrio tra le esigenze dell'interesse generale della comunità e le esigenze imperative di salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo", non potendosi garantire in tutti i casi il diritto dell'espropriato al risarcimento integrale in quanto obiettivi legittimi di pubblica utilità possono giustificare un rimborso inferiore al valore commerciale effettivo. In ogni caso la liquidazione del danno per l'occupazione acquisitiva stabilita in misura superiore a quella stabilita per l'indennità di espropriazione, ma in una percentuale non apprezzabilmente significativa, non permette di escludere la violazione del diritto di proprietà come garantito dalla norma convenzionale.
Il danno subito da parte ricorrente va dunque liquidato tenendo conto del valore venale del fondo alla data della realizzazione dell'opera (T.A.R. Lazio, Roma, Ibis, 15.1.2009, n.220) allorchè si verifica la dismissione del diritto dominicale da parte del privato che ha optato per il risarcimento.
4.1 In sede di consulenza tecnica è stato evidenziato che il terreno per cui è controversia, dell'estensione totale di Ha 1.03.37, ricade quasi totalmente in zona C2 "residenziale di espansione", in area completamente urbanizzata e quasi completamente satura di insediamenti abitativi e commerciali; utilizzando un criterio di stima sinteticocomparativa per raggiungere il più probabile valore di mercato, secondo calcoli che il Collegio ritiene di far propri e contrariamente da quanto eccepito sul punto dalla difesa della I.F. e dal Comune a mezzo di un parere economicoestimativo, tanto più perché lo stesso Comune aveva in passato valutato il suolo proprio a Euro 73,02 al mq., il valore del fondo risulta quantificabile in Euro 696.990,00 ed il valore dell'indennità di occupazione in Euro 324.299,97.
Sul dovuto a titolo di risarcimento del danno, che è debito di valore, competono rivalutazione monetaria e interessi nella misura legale dalla data di occupazione fino al soddisfo.
5. Per questi motivi il ricorso va accolto, previo accoglimento della richiesta della I.F. ex art.43 citato di evitare di disporre la restituzione del bene, con conseguente condanna in solido del Comune di Alife e della I.F. al risarcimento del danno in favore di parte ricorrente da liquidarsi nei termini in motivazione, fermo l'obbligo di adottare un provvedimento espresso ai sensi del più volte citato art.43.
Le spese, anche relative alla consulenza tecnica d'ufficio, seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
1.Con il ricorso in esame parte ricorrente lamenta l'illegittimità del comportamento dell'Amministrazione, rivendicando il diritto all'integrale ristoro dei danni commisurati all'effettivo valore di mercato, quantificato in Euro 1.149.269,59.
2. In punto di giurisdizione la Sezione ritiene poi di non aver motivo per discostarsi nella circostanza dall'ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, nella materia dei procedimenti di espropriazione per pubblica utilità, sono devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie nelle quali si faccia questione - anche ai fini complementari della tutela risarcitoria - di attività di occupazione e trasformazione di un bene conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità e con essa congruenti, anche se il procedimento all'interno del quale sono state espletate non sia sfociato in un tempestivo e formale atto traslativo della proprietà ovvero sia caratterizzato dalla presenza di atti poi dichiarati illegittimi (Cons. Stato, A.P. 30.7.2007, n.9 e 22.10.2007, n. 12; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 18.12.2007, n.6676; T.A.R. Lazio, Roma, II, 3.7.2007, n.5985; T.A.R. Toscana, I, 14.9.2006, n.3976; Cass. Civ., SS.UU., 20.12.2006, nn. 27190, 27191 e 27193).
2.1 Da canto suo la giurisprudenza della Cassazione (es. SS.UU., 6.5.2003, n. 6853) ha individuato i caratteri nella cosiddetta occupazione appropriativa: a) nella trasformazione irreversibile del fondo, con destinazione ad opera pubblica o ad uso pubblico, che determina l'acquisizione della proprietà alla mano pubblica; b) nel fenomeno, in assenza di formale decreto di esproprio, che ha il carattere dell'illiceità, che si consuma alla scadenza del periodo di occupazione autorizzata (e quindi legittima) se nel frattempo l'opera pubblica è stata realizzata, oppure al momento della trasformazione qualora l'ingerenza nella proprietà privata abbia già carattere abusivo o se essa acquisti tale carattere perché la trasformazione medesima avviene dopo la scadenza del periodo di occupazione legittima; c) nell'acquisto a favore della P.A.. che si determina soltanto qualora l'opera sia funzionale ad una destinazione pubblicistica, e ciò avviene solo per effetto di una dichiarazione di pubblica utilità formale o connessa ad un atto amministrativo che, per legge, produca tale effetto, con conseguente esclusione dall'ambito applicativo dell'istituto di comportamenti della P.A. non collegati ad alcuna utilità pubblica formalmente dichiarata (cosiddetta occupazione usurpativa), o per mancanza "ab inizio" della dichiarazione di pubblica utilità o perché questa è venuta meno in seguito ad annullamento dell'atto in cui essa era contenuta o per scadenza dei relativi termini (in tal caso non si produce l'effetto acquisitivo a favore della P.A. ed il proprietario può chiedere la restituzione del fondo occupato e, se a tanto non ha interesse e quindi vi rinunzi, può avanzare domanda di risarcimento del danno, che deve essere liquidato in misura integrale); d) nella circostanza che il soggetto che ha subito l'ablazione di fatto, per ottenere il risarcimento del danno, ha l'onere di proporre domanda in sede giudiziale entro il termine di prescrizione quinquennale (art. 2947 c.c.), la cui decorrenza è ancorata alla data di scadenza dell'occupazione legittima se l'opera pubblica è realizzata nel corso di tale occupazione, oppure al momento dell'irreversibile trasformazione del fondo se essa è avvenuta dopo quella scadenza (o in assenza di decreto di occupazione d'urgenza, ma sempre nell'ambito di valida dichiarazione di pubblica utilità).
2.2 Tuttavia tale ricostruzione giurisprudenziale dell'occupazione appropriativa (e usurpativa) è del tutto incompatibile con la disciplina normativa introdotta dal D.Lg.vo n. 327/2001 ed entrata in vigore il 30 giugno 2003. Quest'ultimo contiene, infatti, un capo VII, intitolato alle "Conseguenze della utilizzazione di un bene per scopi di interesse pubblico, in assenza del valido provvedimento ablatorio", nel quale rientra soltanto l'art. 43, la cui rubrica è "Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico".
L'incompatibilità tra le attuali previsioni di legge e la ricostruzione "pretoria" del fenomeno occupazione appropriativa e usurpativa è evidente, se solo si considera che la disposizione sopra riportata subordina all'adozione di apposito provvedimento discrezionale il trasferimento di proprietà dei beni immobili utilizzati per scopi di interesse pubblico, a seguito di modificazione avvenuta in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità.
3. Quanto al merito della presente controversia, va constatato che l'occupazione è divenuta abusiva in quanto, successivamente alla Delibera C.C. n.23 del 22/9/2001, in data 5/3/2003 veniva redatto il verbale di stato di consistenza e si disponeva l'occupazione temporanea d'urgenza del fondo a decorrere dal 7/5/2003, senza che sia intervenuto nel termine quinquennale il provvedimento d'esproprio.
3.1 Quanto alla richiesta della I.F. di inapplicabilità dell'art.43 del T.U. n.327/2001, il Collegio evidenzia che ormai l'unico rimedio riconosciuto dall'ordinamento alla Pubblica Amministrazione per evitare la restituzione dell'area è la emanazione di un (legittimo) provvedimento di acquisizione c.d. "sanante" ex art. 43 del DPR n.327/2001, in assenza del quale l'Amministrazione non può addurre la intervenuta realizzazione dell'opera pubblica quale causa di impossibilità oggettiva e quindi come impedimento alla restituzione (Cons. Stato, A. P., 29.4.2005, n.2). La giurisprudenza (da ultimo Cons. Giust. Ammin., 29.5.2008, n.490) sembra ormai persuasa che l'art.43 del DPR n.327 del 2001 persegue una finalità di sanatoria di situazioni nelle quali l'autorità dello Stato si sia espressa mediante una compressione del fondamentale diritto di proprietà in assenza delle procedure legittime di esproprio.
3.2 In definitiva la disposizione dell'art. 43 del DPR 327 del 2001 consente, in caso di apprensione e modifica di "res sine titulo" o con titolo annullato, di neutralizzare la domanda di restituzione del bene proprio e solo con l'adozione di un atto formale preordinato alla acquisizione del bene medesimo (con corresponsione di quanto spettante a titolo risarcitorio), ovvero con la speciale domanda giudiziale formulata nel giudizio in questione ai sensi dello stesso articolo 43. Tale norma viene intesa come espressione del principio secondo cui, nel caso di occupazione divenuta sine titulo, vi è un illecito il cui autore ha l'obbligo di "restituire il suolo e di risarcire il pregiudizio cagionato", salvo il potere dell'Amministrazione di far venire meno l'obbligo di restituzione ab extra con l'atto di acquisizione del bene al proprio patrimonio quale previsto dai commi 1 e 3 dell'art.43, sempre che ricorrano le condizioni in tale norma specificate (Cons. Stato, IV, 27.6.2007, n. 3752).
4. Ai fini risarcitori il problema dell'eventuale applicazione dell'art.5bis del D.L. n.333 del 1992, convertito in Legge n.359 del 1992; al riguardo occorre precisare che, con riguardo al comma 7bis di tale articolo come introdotto dall'art.3, comma 65, della Legge n.662 del 1996, la Corte Costituzionale di recente (24.10.2007, n.349) ne ha dichiarato l'illegittimità costituzionale in quanto non prevederebbe un ristoro integrale del danno subito per effetto dell'occupazione acquisitiva da parte della Pubblica Amministrazione, corrispondente al valore di mercato del bene occupato, dunque in contrasto con gli obblighi internazionali sanciti dall'art.1 del Protocollo addizionale alla CEDU e con lo stesso art.117, primo comma, Cost.
Quanto alla misura dell'indennizzo, nella giurisprudenza della Corte europea (29.3.2006, Scordino) è ormai costante l'affermazione secondo cui "una misura che costituisce interferenza nel diritto al rispetto dei beni deve trovare il giusto equilibrio tra le esigenze dell'interesse generale della comunità e le esigenze imperative di salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo", non potendosi garantire in tutti i casi il diritto dell'espropriato al risarcimento integrale in quanto obiettivi legittimi di pubblica utilità possono giustificare un rimborso inferiore al valore commerciale effettivo. In ogni caso la liquidazione del danno per l'occupazione acquisitiva stabilita in misura superiore a quella stabilita per l'indennità di espropriazione, ma in una percentuale non apprezzabilmente significativa, non permette di escludere la violazione del diritto di proprietà come garantito dalla norma convenzionale.
Il danno subito da parte ricorrente va dunque liquidato tenendo conto del valore venale del fondo alla data della realizzazione dell'opera (T.A.R. Lazio, Roma, Ibis, 15.1.2009, n.220) allorchè si verifica la dismissione del diritto dominicale da parte del privato che ha optato per il risarcimento.
4.1 In sede di consulenza tecnica è stato evidenziato che il terreno per cui è controversia, dell'estensione totale di Ha 1.03.37, ricade quasi totalmente in zona C2 "residenziale di espansione", in area completamente urbanizzata e quasi completamente satura di insediamenti abitativi e commerciali; utilizzando un criterio di stima sinteticocomparativa per raggiungere il più probabile valore di mercato, secondo calcoli che il Collegio ritiene di far propri e contrariamente da quanto eccepito sul punto dalla difesa della I.F. e dal Comune a mezzo di un parere economicoestimativo, tanto più perché lo stesso Comune aveva in passato valutato il suolo proprio a Euro 73,02 al mq., il valore del fondo risulta quantificabile in Euro 696.990,00 ed il valore dell'indennità di occupazione in Euro 324.299,97.
Sul dovuto a titolo di risarcimento del danno, che è debito di valore, competono rivalutazione monetaria e interessi nella misura legale dalla data di occupazione fino al soddisfo.
5. Per questi motivi il ricorso va accolto, previo accoglimento della richiesta della I.F. ex art.43 citato di evitare di disporre la restituzione del bene, con conseguente condanna in solido del Comune di Alife e della I.F. al risarcimento del danno in favore di parte ricorrente da liquidarsi nei termini in motivazione, fermo l'obbligo di adottare un provvedimento espresso ai sensi del più volte citato art.43.
Le spese, anche relative alla consulenza tecnica d'ufficio, seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA - Sede di Napoli - V^ Sezione - accoglie il ricorso in epigrafe e, per l'effetto, condanna in solido il Comune di Alife e la I.F. al risarcimento del danno in favore di parte ricorrente da liquidarsi nei termini in motivazione, con obbligo di adottare un provvedimento espresso ai sensi del citato art.43.
Condanna le parti soccombenti al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 2000,00, nonché delle operazioni di consulenza tecnica, liquidate in Euro 2.000,00 ed anticipate da parte ricorrente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
La sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del giorno 21/05/2009
Condanna le parti soccombenti al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 2000,00, nonché delle operazioni di consulenza tecnica, liquidate in Euro 2.000,00 ed anticipate da parte ricorrente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
La sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del giorno 21/05/2009
Ed ecco l'Ordinanza del Consiglio di stato
ORDINANZA (n. 6057/2009)
Sul ricorso numero di registro generale 6057 del 2009, proposto da: Iacp Futura S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. S.F., con domicilio (omissis);
contro
R.A.M., A.M., rappresentati e difesi dall'avv. R.M., con domicilio (omissis);
nei confronti di
Comune di Alife, rappresentato e difeso dagli avv. F.T., G.T., con domicilio (omissis);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE V n. 02986/2009, resa tra le parti, concernente RISARCIMENTO DANNI RELATIVO A PROCEDURA ESPROPRIATIVA.
Visto l'art. 33, commi terzo e quarto, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come modificato dalla legge 21 luglio 2000, n. 205;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista la domanda di sospensione dell'efficacia della sentenza di accoglimento, presentata in via incidentale dalla parte appellante;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di R.A.M.;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di A.M.;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Alife;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 agosto 2009 il dott. A.A. e uditi per le parti gli avvocati F., M. e T.;
Considerato che le censure dedotte con l’appello meritano l’approfondimento proprio della fase di merito e che pertanto appare consigliabile sospendere l’esecuzione della sentenza impugnata fino all’esito del giudizio di appello;
P.Q.M.
Accoglie l'istanza cautelare (Ricorso numero: 6057/2009) e, per l'effetto, sospende l'efficacia della sentenza impugnata.
La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 agosto 2009
2 commenti:
...praticamente io cittadino alifano periodicamente vengo a conoscenza che il mio comune si ritrova in contese giudiziarie : Mercato, lavori di adeguamento in via (non ricordo), esproprio dell'ex Cinema MAstrangelo ...e per ultimo la questione del terreno in via san sette frati ... ( poi chi sà quale altro contenzioso giudiziario è in processo nei riguardi del nostro comune? )
Mi chiedo ma quanto di avvocatura ?
....e io pago !!!!!!!!!!!!!
Ho letto anche il precedente del cinema Mastrangelo,però non hai indicato il costo dell'anticipo ed il costo totale,ma è proprio vero che hanno acquistato la metà e verbalizzato l'acquisto per intero?Tutto per poter chiedere il finanziamento forse?
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