venerdì 16 ottobre 2009

Good morning, Alife

Amici miei, vicini e lontani: buongiorno!

Due notizie stamattina: una buona e una cattiva.
La prima quella buona: da lunedì mattina gli alunni delle scuole di Alife potranno finalmente fruire del servizio mensa. Pare, infatti, che tutto si sia concluso nel migliore dei modi: gara, affidamento del servizio e stipula della convenzione.
A me resta ancora qualche perplessità (ho già avuto modo di parlarne)…..
Ma – pur nella mia più assoluta disapprovazione del modo in cui la questione è stata gestita – i fatti sono i fatti: lunedì la mensa partirà!
E’ mai possibile che ad Alife non si possa mai fare una cosa secondo i principi della legge? Boh!

La seconda notizia, quella cattiva, arriva dal Consiglio dei ministri di ieri.
Accidenti! L’aspettavo, ci contavo tanto su quel provvedimento e invece pare proprio che sia una bufala! Mi riferiscono alla class action nei confronti della pubblica amministrazione (Cattivo! a chi sta pensando in questo momento al Comune di Alife).
Facciamo un esempio. Se un determinato servizio offerto da una pubblica amministrazione non soddisfa gli utenti (i cittadini), questi ultimi potranno attivare un’azione collettiva (praticamente una specie di reclamo) nei confronti di quella pubblica amministrazione. Dove sta la bufala? Sta nel fatto che, tramite quell’azione, non si potrà richiedere il risarcimento del danno. E a che serve allora? Serve a “stimolare” le amministrazioni a migliorare il servizio. Auguri!
Per chi ne volesse sapere di più vi riporto l’articolo di apertura di oggi di ItaliaOggi dove la questione viene bene illustrata da Andrea Mascolini.

Non mi resta che salutarvi.
Buona giornata e buon weekend.
A lunedì mattina (salvo notizie urgenti!).
Ciao, Daniele



Articolo tratto da ItaliaOggi (www.italiaoggi.it)

Una class action bidone
Il governo approva l’azione collettiva nei confronti della pubblica amministrazione, ma senza possibilità di risarcimento del danno

Di Andrea Mascolini

La class action verso la pubblica amministrazione non comporterà il risarcimento del danno causato all'utenza, ma rimarrà uno strumento di stimolo del miglioramento dell'azione amministrativa. Per attivare il giudizio sarà obbligatoria una diffida preventiva. Se l'ente pubblico non si adegua entro 90 giorni alle richieste del ricorrente, scatterà il giudizio davanti al Tar.
È quanto si desume dalla lettura dello schema di decreto legislativo attuativo della legge Brunetta (legge15/2009) che ha previsto la class action nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di servizi pubblici. Lo schema è stato esaminato ieri nel corso del consiglio dei ministri in via preliminare. Prima della sua approvazione definitiva, il testo dovrà adesso ricevere il parere delle competenti commissioni parlamentari e della Conferenza unificata.
Lo schema è composto di otto articoli che disciplinano la legittimazione attiva e i suoi presupposti, i rapporti con le competenze di regolazione e controllo, lo svolgimento del giudizio e gli effetti della sentenza, nonché dell'eventuale inottemperanza nei confronti di quest'ultima.
Il primo articolo è quello più delicato e rilevante dal momento che definisce l'ambito di applicazione soggettivo ed oggettivo del procedimento. La norma delinea come soggetto attivo chiunque sia titolare di «interessi giuridicamente rilevanti per una pluralità di utenti e consumatori» e come soggetti passivi le amministrazioni (non le autorità indipendenti, gli organi costituzionali e giurisdizionali e la presidenza del consiglio) e i concessionari di servizi pubblici (la genericità della nozione fa sì che siano ricompresi sia i gestori nazionali, sia quelli locali).
L'azione sarà possibile se il titolare dell'interesse giuridicamente rilevante sia stato costretto a subire una «lesione diretta, attuale e concreta» dell'interesse stesso e se questa lesione derivi dal fatto che l'amministrazione o il concessionario di servizi pubblici abbia violato gli standard qualitativi ed economici messi a punto dalle Authority che regolano e controllano il settore di competenze del soggetto pubblico, o anche gli obblighi contenuti delle cosiddette Carte dei servizi. Si potrà agire anche quando siano stati violati dei termini o non siano stati emanati atti amministrativi generali a carattere obbligatorio e non aventi natura normativa.
Lo schema di decreto chiarisce che l'unico scopo dell'azione è «ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione del servizio pubblico», mentre è escluso che il ricorso possa consentire l'ottenimento del risarcimento del danno cagionato dagli atti e dai comportamenti dell'amministrazione o del concessionario di servizio pubblico.
Questa previsione delinea quindi una azione che, lungi dal rivelarsi come un effettivo strumento di rivalsa dell'utente verso l'amministrazione, finisce invece per essere declassata a mero sostegno del processo di miglioramento dell'efficienza dell'azione amministrativa.
In altre parole si tratta di una class action di serie B, dalle caratteristiche ancora più blande di quella, per altri versi già abbastanza «spuntata», prevista in via generale.
Il ricorso potrà essere presentato anche da associazioni e comitati di utenti e consumatori titolari degli interessi «giuridicamente rilevanti». Del ricorso verrà data notizia sul sito istituzionale del ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, nonché sul sito istituzionale dell'amministrazione o del concessionario intimati.
Si prevede una causa di esclusione, impeditiva del ricorso, laddove un'Autorità indipendente abbia in corso un procedimento finalizzato ad accertare le «medesime inefficienze oggetto dell'azione» o se sia stato instaurato, sempre per i medesimi fatti, un giudizio dalle associazioni dei consumatori e degli utenti ai sensi dell'articolo 140 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (si deve tratta di un procedimento instaurato ma non ancora definito). Se il procedimento dell'organismo di controllo è instaurato dopo la presentazione del ricorso il giudice amministrativo sospende il giudizio fino a quando l'organismo di controllo non ha definito il procedimento.
Prima di avviare il giudizio di fronte al Tar il ricorrente deve notificare una diffida entro 90 giorni dal verificarsi della lesione dell'interesse giuridicamente rilevante e questa diffida deve essere allegata al ricorso a pena di improcedibilità.
La diffida deve indicare gli interventi utili alla soddisfazione degli interessati e il soggetto che la riceve è tenuto ad assumere, «senza ritardo» le iniziative opportune individuando chi è competente a provvedere all'interno dell'ente, sollecitandolo ad intervenire.
Se nei novanta giorni nulla accade o se l'intervento dell'amministrazione o del concessionario risulta inadeguato o parziale, si può proporre ricorso al Tar.
All'esito del giudizio l'eventuale sentenza di accoglimento del ricorso ordinare alla pubblica amministrazione o al concessionario di porvi rimedio entro un congruo termine, nei limiti delle risorse strumentali, finanziarie ed umane già assegnate in via ordinaria e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. La sentenza andrà pubblicizzata con le stesse modalità informatiche seguite per la pubblicità del ricorso.
Lo sentenza dovrà anche essere comunicata alla Commissione per la valutazione la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche e alla Corte dei conti, oltre agli organi competenti sui giudizi disciplinari concernenti i soggetti coinvolti negli inadempimenti oggetto del giudizio. Se il giudizio vedrà l'amministrazione o il concessionario soccombenti, questi ultimi dovranno accertare chi abbia determinato l'inefficienza o la carenza organizzativa e adottare «i conseguenti provvedimenti». Laddove l'amministrazione o il concessionario non dovessero modificare i propri comportamenti il giudice può nominare un commissario ad acta (giudizio di ottemperanza) che dovrà adottare le misure idonee a ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione del servizio.
Lo schema prevede che le nuove norme siano applicabili dal primo gennaio 2010 per le amministrazioni pubbliche gli enti pubblici non economici nazionali; dal 1° aprile 2010, per le amministrazioni e gli enti pubblici non economici regionali e locali; dal 1° luglio 2010, per i concessionari di servizi pubblici e dal 1° ottobre 2010, per le amministrazioni, gli enti pubblici non economici e i concessionari di servizi pubblici
Protestano i consumatori. «Così come prevista dalla riforma Brunetta, la class action è una colossale presa in giro per tutti i cittadini italiani». ha dichiarato il presidente del Codacons, Carlo Rienzi. «E' un provvedimento che ha tutta l'aria di essere uno scherzo, un'azione collettiva di questo tipo svilisce la figura del consumatore italiano rispetto ai consumatori europei o americani. A questo punto chiediamo che la tutela dei consumatori italiani sia affidata al sottosegretario alla salute, Francesca Martini, dal momento che in Italia per i cani si è fatto molto più che per gli utenti».

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